Giunti in Piazza Municipio nella città vecchia di Ceglie Messapica lo sguardo è subito catturato dalla mole del Castello. Il monumento sorge sulla parte più alta dell’abitato antico da dove svetta su tutto il territorio con il suo Mastio, la Torre Sanseverino, venendo subito catapultati in un’atmosfera medievale.
Infatti è dal Medioevo che bisogna partire per descrivere il Castello ormai inglobato dall’abitato antico tanto che ne risulta sacrificata una visione d’insieme. La parte più antica del castello di Ceglie Messapica è la primitiva Torre che per tradizione è detta normanna, sulla cui data di fondazione però non si ha una documentazione certa, pertanto si è proseguito nella ricerca per deduzioni e comparazioni con altre torri più o meno coeve costruite tra la Puglia e la Basilicata, non tutte superstiti ovviamente.
Detta Torre, che è visibile parzialmente da alcuni punti esterni al Castello, appare al visitatore appena varcato il portale d’ingresso al complesso monumentale, a sinistra nel cortile. Essa è quadrata, massiccia e merlata, si intravedono tracce di remote aperture, come la sommità di un portale a sesto acuto, forse l’antico portale di accesso che si raggiungeva tramite scala o ponte levatoio in legno. Visibili anche una monofora in alto e una bifora col punto di innesto con la “più giovane” Torre Sanseverino. L’interno della Torre è suddiviso in tre piani; nelle sale del primo piano si conserva una cucina economica del 1600, un granaio voltato a stella e una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana collegata alla cisterna esterna, quest’ultima visibile nell’atrio è addossata alla Torre con la vera abbellita da due colonne con capitelli decorati. Tornando nella Torre, c’è un piano mezzano e un ultimo piano con copertura a due falde rivestite da embrici e con tetto interno a capriate in legno. Dal primo piano della Torre, un corridoio ligneo e buio conduce a una scala a chiocciola che la collega con l’adiacente Torre Sanseverino.
In un atto pubblico, un rogito datato aprile 1120, viene descritta una disputa per uno sconfinamento di capre tra Sirepagano, barone di Ceglie, e Accardo, signore di Ostuni. Nel documento si fa riferimento a un Castellum di Sirepagano, ma tale termine in quel contesto storico poteva riferirsi a una qualsiasi tipo di fortificazione, anche un villaggio fortificato di cui la Torre ne era parte. La fonte scritta non certifica però la data di costruzione, ma solo l’esistenza del manufatto nel XII secolo. E questo è un punto di partenza. Un secolo dopo circa, quando a regnare nell’Italia meridionale c’era Federico II il Castello di Ceglie non fu menzionato dai suoi funzionari regi, i provisores castrorum, quando redassero lo Statutum de reparatione castrorum, durante il loro giro di ricognizione nei territori del Regno per valutare lo stato di manutenzione delle fortezze regie. Ciò non ne esclude l’esistenza, solo esclude l’esistenza di un Castello regio, che se c’era era di proprietà privata. Infatti nel registro regio venivano citati solo i castrum e domus regi che costituivano un sistema castellare a difesa e controllo de territorio. Dunque la Torre di Ceglie, probabilmente munita di mura era del dominus della città, quindi privata, con funzione residenziale e difensiva insieme.
Dopo qualche passaggio di proprietà, nel 1361 Francesco Sanseverino acquista il feudo di Ceglie dalla curia di Brindisi, diventando il primo duca della città. Forse fu proprio il duca Francesco che alla fine del XIV secolo avviò la seconda fase di costruzione del Castello, quindi di ampliamento con tre torri circolari e una muraglia che le collegava tramite un camminamento esterno, formando un nuovo e più ampio perimetro della fortezza. Due delle torri circolari sono ben visibili, una in Via Pietro Elia e l’altra nella piazzetta antistante il Castello e la Collegiata, mentre la terza è all’interno nel parco del Castello. A seguire fu eretto il Mastio o Torre Sanseverino, nel XV secolo presumibilmente, alta 34 metri da cui si dominava tutto il territorio fino al mare. Con la terza fase costruttiva del Castello, sempre attuata dai Sanseverino, fu trasformato l’aspetto della residenza, da fortezza a elegante palazzo ducale, in linea con i cambiamenti sociali. Fu edificata l’ala che appare difronte appena entrati nell’atrio, con la sua scenografica scalinata. Giunti sopra, il portale di accesso porta incisa una scritta in latino con una data, 1525. Dalla scritta si deduce che i coniugi Aurelia e Giovanni Sanseverino avevano fatto costruire quella parte architettonica. Quindi, indiscutibilmente si ha da questo momento in poi una data certa.
Molto interessante è la descrizione di quest’ala del Castello che nel 1914 Rocco Antelmy, avvocato e storico cegliese, fa in una sua cronaca dopo averla visitata. Egli scrisse che si entrava in un’ampia sala col soffitto in legno lavorato nel cui centro c’era lo stemma gentilizio del duca Luigi Sisto y Britto. Sempre Rocco Antelmy specifica che già allora non c’erano più affreschi, arazzi e mobili ma c’era ancora la cappella e vide tracce di dipinti in alcune sale. Nell’appartamento Nobile egli descrive le decorazioni con le volte in legno intarsiate. A questo punto lo storico ferma l’attenzione sulla Sala Maggiore, in stile barocco con la volta affrescata con motivi tratti dalla mitologia classica…nella volta si vede il carro della dea dell’amore, Venere, tirato da due colombe; e da un lato vi sono due guerrieri che sembrano vinti e disarmati dalle grazie di Ciprigna e dalle frecce di Cupido… .
Altro ha scritto Rocco Antelmy sul Castello ma degli affreschi, dei mobili e di altri particolari purtroppo è rimasto il ricordo o qualche traccia. Tuttavia egli non cita, forse perché durante la sua visita non accessibili, anche altre sale con soffitto in legno decorato con scene bibliche e scene di caccia, alcuni con caminetti monumentali.
I Sanseverino furono i protagonisti anche della quarta e ultima fase costruttiva del complesso castellare della quale anche si ha una data certa, 1602, inserita nell’iscrizione sul portale d’ingresso ad arco a tutto sesto decorato a bugnato, da cui si accede prima nell’androne con volta ogivale poi nell’atrio di forma irregolare, il risultato dell’aggregazione diacronica delle varie fasi costruttive fin qui descritte. Il portale d’ingresso e tutta l’ala seicentesca è prospiciente la Chiesa Matrice, ala abbellita da baconi e verande arcuate.
Alla famiglia dei Sanseverino seguì la famiglia dei Lubrano alla quale è legato un aneddoto con cui si narra del fantasma di Isabella Noirot, moglie del duca Diego Lubrano, che pare si aggiri nel Castello. Poi seguirono i Sisto y Britto che attuarono solo abbellimenti interni tra cui i dipinti. Nel 1862 ereditarono il castello i Verusio che per tanti anni non lo abitarono ma provvidero a risistemare il Parco visibile solo da ambienti interni.
Alla luce di quanto scritto è chiaro che l’attuale castello di Ceglie Messapica è il risultato di vari ampliamenti avvenuti nei secoli e sotto i vari dominus che si sono succeduti, come dimostrano i tanti stili riscontrabili sulle architetture. Attualmente alcune Sale del Castello sono fruibili al pubblico perché vi hanno sede: la Biblioteca Comunale multimediale dedicata a Pietro Gatti, importante poeta dialettale italiano, nato a Bari ma che visse la sua infanzia a Ceglie; una sala eventi; la Pinacoteca di Emilio Notte, importante pittore futurista italiano, che ebbe i natali a Ceglie Messapica.
Per approfondimenti
Dal Castello al Territorio - Dinamiche insediative a Ceglie messapica tra XII e XV secolo - a cura di C.D. FONSESA e I. CONTE.
Il catasto di Ceglie del Gaudo del 1603,beni burgensatici del feudatario - C.F. PALMISANO in Riflessioni Umanesimo della Pietra anno 2005 pp.65-70.
Il Castello Ducale di Ceglie di Isidoro Conte - in Mirabilia Apuliae gennaio 2017 pp.8-9.
Ceglie Messapico, arte, ambiente, monumenti di I. CONTE e G.S. MINGHETTI - 1987.
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