Una delle piante più diffuse in Puglia è il lentisco, per gli accademici pistacia lentiscus. Dalle coste all’entroterra della regione esso domina su tutte le altre piante della Macchia Mediterranea a cui appartiene come specie.
A mare si può ammirare anche sotto forma di alberello, mentre nell’entroterra sulle colline murgiane, nel centro della Puglia il lentisco è diffuso in forma arbustiva, con chiome molto folte, larghe, arbusti alti massimo 3 o 4 metri. Le foglioline sono sempre verdi e fitte e se ci si avvicina si sente un profumo che caratterizza la pianta. La corteccia del lentisco è di colore cinerino e il legno è roseo. Esso è una pianta dioica, ossia i fiori maschili e femminili di colore rosso sbocciano su piante differenti a primavera e resistono fino a giugno.
Poco più grandi di un pisello le bacche, i frutti, passano dal colore verde al rosso intenso estivo fino al quasi nero autunnale, quando il frutto è maturo e carico di olio. Le stesse bacche sono molto appetite dagli uccelli. Il lentisco è una pianta preziosa per l’ecosistema e per l’uomo, e di questo ne erano consapevoli i nostri più lontani antenati che impararono a utilizzare ogni parte della pianta per scopi curativi, alimentari e funzionali al lavoro e che si continua a impiegare in ambito farmaceutico, erboristico e alimentare.
L’olio dei poveri era l’olio che si estrae proprio dal lentisco, perché solo i ricchi potevano permettersi in tempi di carestie e guerre l’olio di oliva, o chi possedeva uliveti. Il lentisco invece cresce spontaneo nei boschi, bastava raccoglierlo per estrarre l’olio. In Sardegna, dove la pianta è molto diffusa, non è stata mai interrotta la produzione del suo olio, che ora viene acquistato anche dai turisti perché buono per condire minestre, insalate, per friggere. I produttori sardi lo utilizzano anche per conservare un tipo di pecorino. Ma del lentisco fin da tempi assai remoti si utilizza ogni parte, come dire “non si buttava niente”. A proposito di olio, per esempio, i residui della spremitura si davano da mangiare agli animali da reddito. Passando alle altre parti della pianta, dai rametti si produceva una specie di mastice, noto come Mastice di Chio, in riferimento all’isola greca dove si cominciò a produrlo. Si tratta di una resina gommosa che si estrae dai rametti ottima per cicatrizzare le ferite, ma anche buona da masticare per la pulizia del cavo orale. Con le foglie si facevano infusi per alleviare mal di stomaco, di denti, contro le dissenterie. Sempre le foglie, se conservate nei calzini attenuavano il cattivo odore.
Da questa meravigliosa pianta mediterranea si estraeva il tannino e la potassa utilizzati nelle concerie. Il tannino non fa attaccare la pianta dal bestiame, ma rende un po' acido il terreno sotto la pianta. Il legno del lentisco è stato utilizzato anche come legna da ardere, per produrre carbone vegetale, per alimentare i forni delle pizzerie perché esso raggiunge velocemente alte temperature. Inoltre i rametti sono ancora utilizzati dai mastri cestai, per la produzione di cestini di varie dimensioni utili per la raccolta di frutti.
Da non dimenticare la funzione ecologica della pianta che nei boschi della Murgia popola molto il sottobosco, ma cresce anche fuori da contesti boschivi. Il lentisco è tra le prime piante a rinverdire i boschi distrutti dagli incendi, svolge quindi una funzione migliorativa con le radici e con la caduta delle foglioline, così da formare un humus utilizzato anche per concimare orti e giardini.
Mentre ardeva il legno del lentisco gli antichi prevedevano il futuro; nella mitologia era simbolo di purezza perché le vergini si adornavano con le foglie. Nella Bibbia viene citato nella storia di Susanna e i Vecchioni, nel libro di Daniele del Vecchio Testamento. Si racconta di Susanna una bellissima donna sposa dell’ebreo Ioakìm ed educata secondo la legge di Mosè. Nella casa del facoltoso Ioakìm si radunavano gli ebrei per discutere questioni di carattere giuridico davanti a due anziani magistrati, i vecchioni. Un giorno dopo che tutti si erano congedati, la bella Susanna passeggiava nel giardino accompagnata da due ancelle. Per l’intenso caldo, la donna decise di fare il bagno denudandosi. I due vecchioni fortemente attratti dalla donna le tesero un agguato. Usciti allo scoperto la ricattarono chiedendole di unirsi a loro oppure l’avrebbero denunciata di adulterio con un altro giovane. Susanna li respinse e i due vecchioni la accusarono pubblicamente. L’Assemblea popolare credette ai due loschi individui e condannò alla lapidazione la povera donna. A questo punto, Dio fa intervenire Daniele che interrogò separatamente i due vecchioni, i quali alla domanda “dove è avvenuto l’adulterio”, l’uno rispose sotto un leccio e l’altro sotto un lentisco, svelando la loro disonestà.
L’olio dei poveri era l’olio che si estrae proprio dal lentisco, perché solo i ricchi potevano permettersi in tempi di carestie e guerre l’olio di oliva, o chi possedeva uliveti. Il lentisco invece cresce spontaneo nei boschi, bastava raccoglierlo per estrarre l’olio. In Sardegna, dove la pianta è molto diffusa, non è stata mai interrotta la produzione del suo olio, che ora viene acquistato anche dai turisti perché buono per condire minestre, insalate, per friggere. I produttori sardi lo utilizzano anche per conservare un tipo di pecorino. Ma del lentisco fin da tempi assai remoti si utilizza ogni parte, come dire “non si buttava niente”. A proposito di olio, per esempio, i residui della spremitura si davano da mangiare agli animali da reddito. Passando alle altre parti della pianta, dai rametti si produceva una specie di mastice, noto come Mastice di Chio, in riferimento all’isola greca dove si cominciò a produrlo. Si tratta di una resina gommosa che si estrae dai rametti ottima per cicatrizzare le ferite, ma anche buona da masticare per la pulizia del cavo orale. Con le foglie si facevano infusi per alleviare mal di stomaco, di denti, contro le dissenterie. Sempre le foglie, se conservate nei calzini attenuavano il cattivo odore.
Da questa meravigliosa pianta mediterranea si estraeva il tannino e la potassa utilizzati nelle concerie. Il tannino non fa attaccare la pianta dal bestiame, ma rende un po' acido il terreno sotto la pianta. Il legno del lentisco è stato utilizzato anche come legna da ardere, per produrre carbone vegetale, per alimentare i forni delle pizzerie perché esso raggiunge velocemente alte temperature. Inoltre i rametti sono ancora utilizzati dai mastri cestai, per la produzione di cestini di varie dimensioni utili per la raccolta di frutti.
Da non dimenticare la funzione ecologica della pianta che nei boschi della Murgia popola molto il sottobosco, ma cresce anche fuori da contesti boschivi. Il lentisco è tra le prime piante a rinverdire i boschi distrutti dagli incendi, svolge quindi una funzione migliorativa con le radici e con la caduta delle foglioline, così da formare un humus utilizzato anche per concimare orti e giardini.
Mentre ardeva il legno del lentisco gli antichi prevedevano il futuro; nella mitologia era simbolo di purezza perché le vergini si adornavano con le foglie. Nella Bibbia viene citato nella storia di Susanna e i Vecchioni, nel libro di Daniele del Vecchio Testamento. Si racconta di Susanna una bellissima donna sposa dell’ebreo Ioakìm ed educata secondo la legge di Mosè. Nella casa del facoltoso Ioakìm si radunavano gli ebrei per discutere questioni di carattere giuridico davanti a due anziani magistrati, i vecchioni. Un giorno dopo che tutti si erano congedati, la bella Susanna passeggiava nel giardino accompagnata da due ancelle. Per l’intenso caldo, la donna decise di fare il bagno denudandosi. I due vecchioni fortemente attratti dalla donna le tesero un agguato. Usciti allo scoperto la ricattarono chiedendole di unirsi a loro oppure l’avrebbero denunciata di adulterio con un altro giovane. Susanna li respinse e i due vecchioni la accusarono pubblicamente. L’Assemblea popolare credette ai due loschi individui e condannò alla lapidazione la povera donna. A questo punto, Dio fa intervenire Daniele che interrogò separatamente i due vecchioni, i quali alla domanda “dove è avvenuto l’adulterio”, l’uno rispose sotto un leccio e l’altro sotto un lentisco, svelando la loro disonestà.
Perciò non si esagera se si dice che un lentisco ti può salvare la vita.