Il 25, 26 e 27 agosto a Ostuni, la bella "Città Bianca" di Puglia, si festeggia il santo patrono e protettore Oronzo, anche protettore di Lecce.
Il culto per sant'Oronzo si diffonde nel territorio di Ostuni nel XVII secolo e nel tempo sovrasta quello più antico per san Biagio, santo eremita medievale già venerato a Ostuni dall'ottavo secolo. Interessante è evidenziare che entrambi i santi, Biagio e Oronzo, furono eremiti, vescovi e morirono decapitati, quindi da martiri. Soprattutto che, per tradizione, entrambi i santi scelsero, in loco, luoghi impervi e rupestri e immersi nella natura selvaggia per sfuggire alle percescuzioni, anche se in periodi storici differenti. In realtà nessuno dei due santi è mai stato in Puglia e Oronzo, in particolare, è probabilmente da identificare con Aronzio, martire a Potenza, noto in altre località della Basilicata e della Puglia, di cui la più vicina a Ostuni che viene citata nel Martiriologio Geronimiano è Taranto.
Considerando la tradizione, invece, si tramanda di un santo di nome Oronzo nato a Lecce e convertito al cristianesimo insieme a suo nipote Fortunato da Giusto, discepolo di san Paolo. Proprio san Paolo elesse Oronzo primo vescovo di Lecce che fu poi martirizzato sotto l'impero di Nerone. Al periodo neroniano (I secolo d.C.) è da collocare, sempre secondo la tradizione, il legame di sant'Oronzo alla città di Ostuni. Fu allora che il santo per sfuggire alla persecuzione romana si rifugiò sul Monte Morrone, sulla Murgia ostunese, da cui continuò la sua opera evangelizzatrice. Qui si nascose in una grotta dove per dissetarsi fece scaturire l'acqua da una roccia percuotendola con un bastone. Continuò la sua fuga nel territorio barese dove fu arrestato, portato a Lecce processato e decapitato.
La devozione per sant'Oronzo nel territorio di Ostuni è documentata già nel 1447 quando a un bambino fu dato il nome di Roncio. Nel 1567 è attestata una chiesa dedicata al santo vescovo in loco Morronei, facilmente identificabile col Monte Morrone, un testamento in cui si citavano beni e una masseria della famiglia Lercario legati alla chiesa di sant'Oronzo. Poi per un secolo circa il culto si affievolì fino a quando fu ritrovato il luogo rupestre in cui Oronzo si rifugiò. Questa ricerca fu voluta nel 1637 dal vescovo di Ostuni Melinghi. Lo storico ostunese Ludovico Pepe posticipa, invece, la rinnovata devozione al santo al 1560 precisamente, mettendola in relazione con gli anni in cui la peste devastò la Terra d'Otranto risparmiando Ostuni e Lecce, dove miracolosamente si salvarono gli abitanti grazie all'intercessione di Oronzo. Sempre nel XVII secolo, nel luogo rupestre sul Monte Morrone, durante i lavori di edificazione della chiesa fu ritrovata la polla d'acqua fatta scaturire dalla roccia da sant'Oronzo. Il miracolo si manifestò con i buoi impiegati per il trasporto che invece di bere si inginocchiarono. La stessa acqua era inesauribile nonostante i continui approvigionamenti che seguirono e nel tempo divenne preziosa fonte terapeutica per persone e animali. L'ultima volta che è stata vista sgorgare la miracolosa acqua risale al 1960 da un sacerdote Ostunese, Pasquale Virgilio.
I luoghi di sant'Oronzo a Ostuni
Risalendo le colline intorno a Ostuni si giunge in località Monte Morrone dove nel XVII secolo fu edificato il Santuario dedicato al santo vescovo, in una posizione molto panoramica con la facciata rivolta verso la sconfinata Piana degli Ulivi e oltre al mare Adriatico. Fu la devastante peste che colpì l'Italia meridionale nel 1656, Puglia compresa, ma che miracolosamente risparmiò la Terra d'Otranto, che diffuse la convinzione che fosse stato Oronzo a salvare sia Lecce che Ostuni. Quindi una nuova chiesa per ringraziare il santo protettore. Non distante dalla chiesa si erge un monumentale portale scolpito a bugne, di gusto barocco, da cui parte la scalinata che conduce in cima alla cappella edificata sulla roccia dove sant'Oronzo fece sgorgare l'acqua miracolosa. Molti fedeli percorrono la scalinata in ginocchio per chiedere una grazia. Oronzo come Mosè nel deserto, dunque, che dona miracolosamente l'acqua al popolo facendola sgorgare dalla roccia. Il riferimento alla Murgia carsica siccitosa è palese, un territorio paradossalmente ricco di acque sotterranee ma che ne è privo superficialmente.
L'iconografia di sant'Oronzo a Ostuni
Erroneamente si è ritenuto che la più antica immagine di sant'Oronzo che si conservi a Ostuni sia riconducibile al santo affrescato nella grotta sul Monte Morrone. Alla grotta si accede dalla chiesa scendendo i gradini rocciosi sotto l'altare. Qui in un altare di gusto barocco in marmi policromi è stato inglobato il cinquecentesco affresco che raffigura una Madonna con Bambino in trono affiancata a sinistra da sant'Antonio Abate, con il tipico bastone a tau e la croce, e a destra un santo identificato dalla tradizione locale come sant'Oronzo, ma che una più attenta analisi fa pensare invece a san Giovanni Battista come sostiene la storica dell'arte Enza Aurisicchio, nel suo bellissimo saggio dedicato al culto di sant'Oronzo a Ostuni, in una pubblicazione del 2000 del Gruppo Umanesimo della Pietra. Risalendo dalla grotta, nelle lunette del sottovolta della chiesa si susseguono immagini di sant'Oronzo vestito da sacerdote e dall'aspetto giovanile, che interviene miracolosamente su malcapitati e scene agiografiche sul santo. Nella stessa chiesa è conservata una grande tela dove è raffigurato un nobile signore locale caduto dal cavallo sul ciglio di un burrone. Egli viene soccorso da un popolano mentre appare in cielo sant'Oronzo vestito da prete. Il dipinto è del 1865 realizzato da Luigi Oronzo Pappadà, giovane pittore ostunese. Anche nella grande tela che decora il transetto della Cattedrale di Ostuni sant'Oronzo è raffigurato con una tonaca nera, mentre predica alla folla. L'iconografia più antica diffusa in loco del Santo è prorpio quella di un giovane sacerdote, infatti, come si rappresenta nella satua conservata nella chiesa dello Spirito Santo in città. Questa immagine deriva dalla dedicazione a sant'Oronzo nel 1664 dell'istituzione dei Sacerdoti Regolari, sotto la Regola di san Carlo Borromeo.
Successivamente si diffuse anche a Ostuni l'iconografia di sant'Oronzo vescovo come testimonia la grande tela conservata sullo scenografico altare sempre nel Santuario a lui dedicato. Il quadro fu donato al Santuario dalla potente famiglia Zevallos. Si tratta di una copia della più celebre tela seicentesca realizzata da Giovanni Andrea Coppola per il Duomo di Lecce nel 1660, che rappresenta sant'Oronzo vescovo condotto al martirio da angeli, mentre calpesta un fascio littorio e frantuma al suo passaggio la statua di Giove. Chiari riferimenti questi ai simboli pagani calpestati e vinti dalla fede cristiana. Un'altra immagine di sant'Oronzo vescovo si impone nel centro urbano di Ostuni, con la statua che svetta sulla guglia in Piazza della Libertà, realizzata nel 1774 da Giuseppe Greco. Nel 1794 fu realizzata la statua argentea di sant'Oronzo da un'orafo napoletano, Luca Baccaro, che viene portata in processione il 26 agosto, durante i solenni festeggiamenti. Nel 1836, Oronzo Greco, figlio del già citato scultore Giuseppe, realizzò la statua di Oronzo vescovo che svetta sul Monte Morrone a guardia di tutto il territorio ostunese. Sempre ottocentesca è, infine, la satua in cartapesta del Santo che accoglie i visitatori nel Santuario. Esiste una relazione di fine Seicento redatta dal vescovo di Lecce, Pignatelli, e inviata al Papa Innocenzo XII sulla peste in Terra d'Otranto. Nel documento si legge che vi erano, al tempo della peste, dei soldati a difesa delle mura di Ostuni per non far entrare stranieri probabili portatori di epidemia. I soldati avevano anche l'ordine di sparare. Spesso essi avevano riconosciuto sant'Oronzo vestito ora da vescovo, ora da prete, ora da mendicante mentre si aggirava nelle campagne intorno.
Una cavalcata per sant'Oronzo
Ogni 26 agosto in onore di sant'Oronzo si svolge una scenografica Cavalcata, a lui intitolata. La cavalcata è un'ulteriore manifestazione di ringraziamento al santo in qualità di protettore dalla peste del 1657. Nel XVII secolo, infatti, per ringraziare il santo intercessore si trasportava una statua in cartapesta del Santo dal Santuario del Monte Morrone in città. Quella Statua fu sostituita alla fine del XVIII secolo con la preziosa staua argentea realizzata a Napoli dall'orafo Baccaro. Quando il simulacro giunse a Ostuni esso fu scortato dai vaticali (carrettieri) a cavallo che si erano runiti in corporazione per sostenere le spese della festa patronale, finanziati anche da notabili locali.
Il drappello di cavaliari che scorta la Statua ricorda appunto quei tenaci e fedeli vaticali. La divisa dei cavalieri è una casacca di colore rosso che rimanda al martirio del Santo, pantaloni bianchi, cappello cilindrico con pennacchio scarlatto; i cavalli sono i murgesi, alti e possenti, e sono coperti da gualdrappe rosse, lavorate con bottoncini di madreperla che li avvolgono fino agli zoccoli. La vestizione dei cavalieri è un rito a cui partecipano anche i familiari. Il ruolo di cavalieri viene anche tramandato di padre in figlio. La manifestazione parte dalla ex-cattedrale nella città vecchia e si conclude in Piazza della Libertà, addobbata con luminarie, con l'esecuzione di brani operistici e sinfonici.