L'Asino di Martina Franca è la più eccellente razza asinina, il gigante della specie è detto per la sua statura e possenza.
Se Walt Disney avesse conosciuto l'asino di Martina Franca gli avrebbe dedicato un cartone animato sicuramente, per i suoi occhi dolcissimi, il musetto tirabaci e le sembianze da peluche. Così esso è, un animale assai docile ed empatico con l'uomo. Spesso, percorrendo le vie rurali in Valle d'Itria si vedono asini al pascolo;se ci si ferma per fotografarli dopo qualche minuto appaiono allineate dietro al muretto a secco coppie di lunghe orecchie, poi se ci si sporge oltre il muretto sotto le orrecchie ci sono dei teneri musetti che pretendono carezze. Facilmente, infatti, si riesce a interagire con questi asini, che senza tentennamenti si avvicinano e si lasciano accarezzare.
Tenerezze a parte, l'Asino di Martina Franca è la razza più grande del mondo, il gigante della specie è detto infatti, con la sua statura molto alta, con gli arti robusti, capace di sopportare intenso caldo e freddo, per questo animale molto adatto al territorio pietroso e siccitoso dove vive, in un'areale che occupa alcuni paesi della Murgia sud-est pugliese. In particolare il territorio di Martina Franca e dintorni è legato alla genesi dell'asino, ricco di boschi e masserie, con una tipica morfologia carsica caratterizzata da roccia affiornate, pascolo povero, siccità e dove, tuttavia, questo robusto equino si è adattato molto bene, allevato allo stato semibrado, un tipo di allevamento più economico perchè impiegava meno forza lavoro. Il famoso etologo Danilo Mainardi affermò che la razza asinina in questione, dal punto di vista dell'adattamento genetico a uno specifico ambiente, ha un valore di un'entità biologica irripetibile. L'asino si accontenta di un'alimentazione frugale brucando anche rovi, cardi e per questo adatto a una pulizia di sottobosco, purchè sia sempre provvisto di acqua fresca e limpida che nei pascoli della Murgia è sempre a disposizione negli abbeveratoi delle fogge, le grandi cisterne sparse nei campi. Come già accennato esso è un animale socievole che vive in branco controllato da uno stallone che può coprire fino a trenta femmine. In mancanza dello stallone il capobranco è la femmina più anziana. La gravidanza di un'asina è di circa 12 mesi e i puledri sono già in piedi dopo qualche ora dalla nascita, potendo anche correre, una caratteristica che li difende da eventuali predatori. La vita di un asino mediamente è di 40 anni.
La tesi più accreditata circa le origini dell'Asino di Martina Franca è che si tratti di una razza autoctona migliorata con l'introduzione in loco di qualche capo asinino spagnolo negli allevamenti dei conti Acquaviva d'Aragona. Per molto tempo è stato importante allevare questa specie asinina per la produzione del mulo, un animale sterile prodotto dall'accoppiamento dell'asino martinese con la cavalla delle Murge. Si lasciava fin da piccolo il puledro dell'asina a pascolare con le cavalle, affinchè dimenticasse di essere asino per facilitare poi l'accoppiamento con le cavalle murgesi. L'ibrido mulo era un animale da soma molto forte, più dell'asino e del cavallo, adatto a portare carichi anche su terreni scoscesi e difficili, per questo molto richiesto dall'esercito italiano come portacarichi dell'artiglieria in montagna. Costava meno anche mantenere un mulo che richiedeva un'alimentazione più grossolana e meno cure igieniche. La produzione mulattiera ha rappresentato per anni per gli allevatori delle Murge un'attività zootecnica ed economica rilevante, che vedeva nella Fiera della Candelora un momento importante per venditori e compratori da tutta l'Italia.
A cavallo tra l'Ottocento e il Novecento nella Murgia dei Trulli si diffuse la viticoltura e molti vignaiuoli della Valle d'Itria, di Locorotondo in particolare, allevarono al massimo una coppia di asine della razza in oggetto come forza lavoro per arare le vigne. Poi scegliendo dei buoni stalloni essi facevano accoppiare le fattrici vendendo così a 6/7 mesi i puledrini ad allevatori martinesi esperti che acquistavano anche da altri paesi della Valle d'Itria. Fu così che Martina Franca divenne il centro di allevamento più importante nella zona che esportò stalloni nel mondo. Di conseguenza la razza dell'Asino di Martina Franca acquistò importanza mondiale e venne trattata su riviste specializzate da studiosi come razza autoctona e non più come variante della razza spagnola di origine catalana. Un risultato positivo scaturito dalla stretta collaborazione tra piccoli produttori ed esperti allevatori locali, che basarono tutto sull'esperienza e sulla pratica distante da studi e trattati scientifici, senza sovvenzionamenti statali che ci furono per altri luoghi con l'istituzione di stazioni di monta. Nacque una industria stalloniera privata.
Nel 1904 il direttore del Regio Istituto Zootecnico di Palermo, Francesco Tucci, comprendendo l'importanza del patrimonio genetico di questo equino fece istituire delle stazioni di monta nel territorio di Martina Franca.
Nei primi anni venti del Novecento la razza autoctona locale non solo veniva esportata in tutto il mondo ma anche riconosciuta come la più eccellente razza asinina, perfetta per migliorare altre razze e dunque con un alto valore commerciale. Ma avvenne che la troppa esportazione e richiesta di stalloni e fattrici per la produzione mulattiera portò dopo gli anni venti a un residuo di esemplari meno pregiati proprio in Valle d'Itria. A questo va aggiunto che l'Asino martinese lontano dal suo habitat degenerava nelle sue specificità. Fu nel 1925 che si presero seri provvedimenti contro il decadimento della razza asinina di Martina Franca e anche del cavallo delle Murge (altra eccellente razza autoctona), quando il Ministero per l'Economia Nazionale, la Direzione Generale dell'Agricoltura e il Consorzio Deposito Stalloni di Foggia emisero provvedimenti per aiutare gli allevatori locali a riqualificare le razze. Così furono promosse Mostre Mercato con premi e fu finanziato anche il mantenimento di stalloni pregiati per la riproduzione. Nel 1926 l'Istituto Incremento Ippico di Foggia istituì un albero genealogico per l'Asino e nello stesso anno con 183 capi nacque ufficialmente la razza asinina di Martina Franca, una variante della razza pugliese, allevata però nella intera Valle d'Itria. Nei primi anni trenta del Novecento gli allevatori martinesi parteciparono a gare ippiche con i migliori esemplari ottenendo successi nelle esposizioni prima a Milano e poi a Roma.
Nel 1942 naque l'Associazione Regionale Allevatori dell'Asino di Martina Franca e del Cavallo delle Murge, fondata da 22 allevatori locali, per la gestione e conservazione delle due specie equine autoctone. Nel libro genealogico furono iscritti molti stalloni e l'Associazione Allevatori continuò il suo lavoro di selezione e miglioramento della razza, che fu venduta in tutto il mondo. Ma le conseguenze della seconda guerra mondiale, l'elevato numero di stalloni venduto e la meccanizzazione dell'agricoltura e dei trasporti nella seconda metà del XX secolo contrassero molto il numero di asini e la richiesta di muli come forza lavoro. Ne nacque anche un rischio di consanguignità con i pochi capi d'asino allevati, che poteva creare malformazioni e una drastica diminuzione degli stessi. Nel 1985 la Regione Puglia e l'Associazione Allevatori crearono il Centro per la Conservazione del patrimonio genetico dell'Asino di Martina Franca nell'Azienda regionale Russoli, un'antica masseria nell'agro di Crispiano. In quest'oasi ecologica ancora oggi continua questa attività gestita dalla regione Puglia.
Il problema della contrazione di numero nel 1998 fece inserire dalla Fao (Organizzazione Nazioni Unite per Alimentazione e Agricoltura) l'Asino di Martina Franca nelle specie a rischio di estinzione. L'introduzione di qualche capo di asini ragusani fece scongiurare il rischio di consanguignità ma non la contrazione del numero di capi, tanto da essere alla fine considerato una razza di nicchia. Da quel sangue ragusano pare derivi il riflesso rossicio degli asini di Martina Franca su un mantello prevalentemente morello, con alcune parti del corpo chiare, tra cui spiccano il musetto e il contorno occhi.
Dal 1955 si organizza a Martina Franca, a cavallo tra novembre e dicembre, la Mostra Mercato Concorso dedicata all'asino e al cavallo murgese, con le relative premiazioni. Da qualche anno essa si svolge al Campo Boario di Masseria Ortolini dove delle giurie tecniche selezionano gli esemplari meritevoli di iscrizione al Libro Genealogico di razza.
Per la valorizzazione di questo meraviglioso animale, e certamente sempre contro l'estinzione, per fortuna si è sviluppato negli ultimi anni nella Murgia dei Trulli la produzione del latte d'asina. Un'asina generalmente produce 3 chilogrammi di latte per ogni quintale di peso vivo, pertanto l'asina martinese essendo la gigante della specie è quella che produce più latte tra gli asini. Per produrre più latte possibile con un'apposita mungitrice si allatta più volte al giorno l'asina, in orari distanti dagli allattamenti dei puledri. Le asine non posseggono delle sacche-cisterne nelle mammelle come gli altri ruminanti, dove il latte si deposita. Pertanto è necessario mungerle più volte in un giorno con con brevi prelievi di latte, anche per non privare i puledri dello stesso. C'è qualche piccolo allevatore che pratica ancora la mungitura a mano.
Noto è che il latte d'asina ha molte proprietà positive nell'ambito medico e della cosmesi. Esso è molto simile al latte umano e grazie all'alto contenuto di lattosio non provoca allergie come quello vaccino.
Nell'antichità classica, i greci per primi, lo utilizzavano come bevanda pregiata e come cosmetico, anche per curare la pelle.
Altra attività che si va diffondendo in loco con l'Asino di Martina Franca è l'onoterapia, una disciplina con la quale alcuni professionisti del settore trattano sindromi e disturbi legati alla sfera emotivo-affettiva, psicologica, sensoriale e motoria umana ottendendo risultati sorprendenti.
Bibliografia
BASILE Alfonso, Come salvare l'Asino di Martina Franca da una deprecabile estinzione, in Riflessioni Umanesimo della Pietra n.1, Martina Franca 1978, pp.24-26.
GERONIMO Vitantonio, L'Asino di Martina Franca salvato dall'estinzione, in Umanesimo della Pietra Verde n.3, Martina Franca 1988, pp.103-104.
PASTORE Luca, L'industria stalloniera dell'Asino di Martina Franca e del Cavallo delle Murge", in Riflessioni Umanesimo n.7, Martina Franca 1984 , pp.82-92.
PINTO Francesco, Rivalutazione dell'Asino di Martina Franca attraverso l'innovativa produzione di latte, in Riflessioni Umanesimo della Pietra n.32, Martina Franca 2009, pp.167-176.www.cavallodellemurge.it