Valle d'Itria

Il cammino di Pascarosa - Riti, credenze e storie di masciari


Amo camminare nelle notti di luna piena, ogni volta è un momento magico e irripetibile.

Con la mia Associazione,  Passaturi.,  dedico ai pleniluni estivi delle camminate notturne. Quest'anno  il 28 agosto ho organizzato una camminata sotto il chiarore della luna nella pittoresca Contrada Pascarosa, un villaggio rurale situato sulla cima di una collina panoramica in Valle d'Itria a 300 metri di altitudine, in posizione baricentrica tra  i territori di Ostuni, a cui appartiene, di Cisternino, di Martina Franca e di Ceglie Messapica.

Per la serata ho   previsto  vari momenti, tutti molto intensi, coinvolgenti e, soprattutto, ispirati dal luogo e dalla luna. Risalendo la collina, si giunge nel cuore della Contrada, in una graziosa piazzetta dove c'è un calvario scenografico, opera novecentesca di artisti locali, e dietro la bella chiesetta dedicata a  Maria Santissima Vergine del Carmelo, un'abitazione poi trasformata in luogo di culto.  Adiacente c'è ancora la primitiva chiesa in  un piccolo trullo, ora in disuso.

Dalla piazzetta,  al tramonto,  è partito il nostro cammino, in una calda serata di fine estate per fortuna con un cielo nitido. Ci siamo dunque incamminati verso due siti storici del luogo, Specchia Satia e il Trullo Sovrano. Durante il cammino il sole calante di fronte  ha incendiato l'orizzonte con le tante sfumature di rosso e arancio preannunciandoci così il bel tempo del giorno dopo. Alle nostre spalle la luna ha cominciato a sorgere piena,  un cerchio enorme che con il suo colore rosso arancio sembrava riflettere la luce del tramonto. Più tardi l'avremmo ammirata alta nel cielo, celando con il suo bagliore il manto di stelle.

Dopo un po' siamo giunti alla Specchia Satia, una sacra montagna di pietre. Le Specchie nel centro sud della Puglia sono di vario tipo. Le più diffuse sono quelle sative, formatesi per accumulo nel tempo di materiale litico con la bonifica dei terreni pietrosi della Murgia.  Molto più antiche sono le specchie dolmeniche, nel Basso Salento, riferibili forse all'età del Bronzo (II millennio a.C.), come altri megaliti pugliesi, con la doppia funzione sacra e sepolcrale. Si trovano sparse anche alcune specchie monumentali che possono avere avuto una funzione difensiva, inserite in un sistema di controllo del territorio, come torrette d'avvistamento, funzione questa da cui deriverebbe il termine specchia, da specula in latino che vuol dire osservatorio, altura.  Forse la specchia Satia era tra le torrette di avvistamento di una delle cerchie murarie messapiche di  Ceglie Messapica (V-III sec. a.C.) o forse era parte integrante del grande Paretone che univa la sponda adriatica con quella ionica,  che il mago Virgilio, si narra, eresse in una notte. Il mago Virgilio era nella tradizione popolare medievale il sommo poeta Virgilio, diventato in questi luoghi  anche nume tutelare se quel Paretone è in realtà assimilabile al presunto Limes Bizantino, che in Puglia separava i confini bizantini da quelli longobardi, per motivi difensivi. Tutte ipotesi suggestive. Più realisticamente la Specchia Satia  è opera di agricoltori, forse sorta in un luogo storico sui resti di una sua antenata molto più antica.  Quale che sia l'origine, certamente il manufatto è in una posizione dominante e al tramonto essa appare come una montagna sacra che evoca storie di riti pagani animati da sacrifici o da cerimonie di accoglienza dello straniero nel villaggio.  La fantasia si scatena con l'influsso energetico che la luna piena infonde nei camminatori.

Lasciata la Specchia ci siamo incamminati alla volta di un'altra montagna di pietra, il Trullo Sovrano. Vi si arriva imboccando un antico passaturo (tratturo) che ti fa immergere nel paesaggio meno artefatto dall'uomo, dove per fortuna non è arrivato l'asfalto. Il Trullo Sovrano appare da lontano maestoso; si tratta di un complesso architettonico composto da più trulli, imponenti, composti dall'abitazione e dagli ambienti dei servizi: le stalle, i pagliai,  all'esterno le corti per animali e l'aia sul banco roccioso. E' rimasto tutto intatto. Il più grande cono è soppalcato con un vano di sopra, da cui deriva nel parlato trullo soprano e poi sovrano. Ce ne sono tanti sparsi nella campagna della Valle d'Itria, quello di Pascarosa è particolarmente monumentale. Il chiarore lunare ha trasformato quella sequenza di grandi coni in dune di sabbia del deserto. Oppure li ha trasformati di nuovo in montagne sacre che se scalate portano agli Dei,  come la Specchia Satia.

Abbiamo ripreso il cammino guidati  dalla luce di Selene, a proposito di Dei,  e siamo tornati nel cuore della Contrada Pascarosa dove ad attenderci c'era Angela, una deliziosa residente che ci ha aperto la chiesa e ci ha fatti sedere sulle panche per raccontarci la storia di suo nonno, Giuseppe Argentiero, noto come Sèppe Li Sierre o Sèppe Lesirre, nato, vissuto e morto a Pascarosa, a cavallo tra Ottocento e Novecento (Li Sierre è  l'antico toponimo della località Pascarosa, come riportato da carte topografiche).  Seppe Li Serre fu un guaritore e veggente, un taumaturgo, una sorta di antico stregone che curava con erbe medicamentose e consigli vari.  Egli ha guarito  e confortato tanta povera gente. I suoi poteri eccezionali emersero fin da piccolo e da adulto egli seguì questa vocazione senza scopo di lucro,  solo per bontà d'animo, svolgendo un altro lavoro per vivere. Nella Contrada si dice che egli fosse anche tecnologico perché usava una macchinetta che emetteva scariche elettriche per curare il mal di testa. Egli era ritenuto capace di operare miracoli al punto che ad Alberobello lo chiamavano Gesù Criste.  La sua fama di "santità"  fece giungere tanta gente a Pascarosa al punto che un facoltoso residente della Contrada fece istituire,  nel luogo,  una fermata del treno sulla tratta ferroviaria sud-est che scendeva fino a Lecce. Quella fermata facilitò il "pellegrinaggio"  di molti malati, il cui flusso aumentò. La stazione sorge ancora e, graziosa, rimanda a immagini del passato immortalate in foto in bianco e nero. Voci di popolo dicono che il nuovo toponimo della contrada, Pascarosa,  derivi dalla fusione dei nomi delle due mogli del ricco possidente, Pasqua e Rosa. Tornando a Seppe Li Serre egli  è morto negli anni Settanta del Novecento, ma la sua fama è immortale.

Dopo esserci congedati da Angela ci siamo diretti seguendo un passaturo oltre la Contrada, al Tempio di Pace Satia, un luogo frequentato da seguaci di Sai Baba, dove si diffondono valori quali la Pace, la Fratellanza e l'Accoglienza. In Valle d'Itria quello di Sai Baba non è l'unico centro spirituale. Altri ne sono sorti e tanti sono gli intellettuali, artisti, registi e scrittori forestieri che qui hanno deciso di trasferirsi per vivere nei trulli, spesso nei tratti di  campagna più conservati, perché attratti da una misteriosa energia positiva che qui aleggia e che fa vivere in armonia con questa  Madre  Terra.

Nel centro Satia il tempio è in un bellissimo e antico trullo dove all'interno giganteggia un'immagine di Sai Baba tra profumo di incenso e luci calde e soffuse, che invitano al raccoglimento e al rispetto del luogo sacro.

Ad accoglierci e immergerci in questa dimensione spirituale è stato il nostro amico Angelo Scudieri, uno dei responsabili del tempio. Egli in un seminativo del centro spirituale ci ha condotti nella  Meditazione della Luce.  Un momento intenso in cui bisognava affidarsi alla guida spirituale e soprattutto concentrarsi sul corpo, sul respiro, svuotando la mente dai pensieri. La luce della luna quella sera ci ha guidati dall'inizio del cammino e alla luce abbiamo dedicato l'ultimo momento. Un augurio collettivo per un futuro di luce per l'Umanità.

Questo mio racconto del cammino in una notte di luna piena  è un invito a scoprire la Valle d'Itria camminando, perché il cammino impone la lentezza e la lentezza fa osservare attentamente, ascoltare, odorare. Lungo il cammino si incontra la gente che qui vive, che ha qualcosa da raccontare, storie e credenze. Camminando ci si emoziona guardando i tramonti e con la luna piena magicamente i paesaggi e i monumenti si trasformano in qualcos'altro che la fantasia suggerisce. Camminando un itinerario di visita si trasforma in un itinerario interiore.

 



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