Valle d'Itria

La natura della Murgia: la Ferula


A primavera camminando sui sentieri boschivi e lungo i pascoli e i terreni incolti della Murgia pugliese si riconosce la Ferula (Ferula Communis) nel pieno della sua infiorescenza. 

La Ferula è diffusa in Europa meridionale e nel Mediterraneo, una pianta perenne e infestante e che da primavera in poi si eleva in altezza coi suoi fusti dritti, particolare da cui deriva il nome col significato di fusto eretto, mentre l'appelativo communis ne sottolinea la sua ampia diffusione. Il fusto centrale è il più robusto e sulla parte alta si ramifica in tanti altri fusti e può raggiungere anche i 3 metri di altezza. I fusti sono leggeri e contengono un midollo spugnoso. Volgarmente chiamata anche finocchiaccio da non confondere col finocchietto selvatico che si caratterizza per il suo tipico profumo.

La ferula appartiene alla famiglia delle ombrellifere per i suoi fiori a forma di ombrella di un bellissimo colore giallo che ben contrasta col verde intenso della pianta, particolare che la rende subito riconoscibile a primavera. D’estate durante il riposo vegetativo  i fusti  lignificano assumendo colori più caldi vicini al marrone -grigio. Al contrario la pianta è poco visibile in inverno.

I frutti sono diacheni, ossia a due frutti fusi che però non si scindono quando sono maturi e secchi. Una caratteristica importante della ferula è di essere emicriptofita, qualità che le consente di superare la stagione avversa, ossia l’estate, andando in quiescenza grazie alle gemme situate alla base sul terreno. Proprio dalle gemme si sviluppano delle foglioline basali a forma di segmenti filiformi che avvolgono il fusto in maniera fitta. Sulle radici morte crescono i famosi funghi di Ferula (Pleurotus eryngii) che si nutrono dei detriti marcescenti della pianta. Una funzione importante della Ferula nell’ecosistema è anche quella di accogliere nelle sue foglie le uova della farfalla Macaone che le depone tra giugno e luglio.

La ferula è una pianta assai nociva per gli allevamenti bovini, caprini perché se ingerita provoca emorragie anche mortali e spesso essa ha decimato allevamenti. Tuttavia gli animali quando pascolano la evitano, ma se malaugaramente durante la trebbiatura le ferule vengono macinate e mischiate al foraggio,  in quel caso gli animali non riescono a distinguerla.
Essa è tossica anche per l’uomo, ma la sua resina oleosa fu usata dai Romani con cui alimentavano il fuoco acceso durante la cottura delle carni, pratica che nel Medioevo cadde in disuso. 

Usi della Ferula
Una caratteristica dei fusti, rami o bastoni come si preferisce chiamarli, di Ferula è che sono robusti e al tempo stesso molto leggeri e flessibili. Si raccolgono d’estate, quando la pianta sfiorisce ed è esiccata, per fabbricare vari utensili da lavoro e oggetti domestici. Con i fusti di ferula si realizzano gabbie per animali, soprattutto sgabelli e sedie, tutto facilmente trasportabile per la leggerezza.  Anche bastoni per pastori, traverse per far esiccare formaggi e tabacco. Oppure da un bastone di ferula si possono realizzare tanti piccoli tappi di fusti di vino.

Con i bastoni di ferula sono stati realizzati anche scettri e pastorali, elevando l’uso della pianta ad alti ranghi. Tornando nell’antica Roma, pare che si usasse svuotare il fusto asciutto  della pianta dalla sua resina per conservare dentro le pergamene. Le pergamene di pelle di agnello e vitello erano molto appetibili per i topi ma anche molto deteriorabili a causa dell’umidità, così arrotolate nei fusti di ferula venivano preservate.

La Ferula tra Diavoli, Santi e Dei.
Si tramanda che le popolazioni pagane rurali delle regioni meridionali d'Italia portavano la Ferula in processione per chiedere al diavolo di far cessare la siccità, il diavolo probabilmente identificabile con il Dio Pan, pensando al contesto boschivo e pastorale dove questi riti si svolgevano.
Infine da non dimenticare la versione di Apollodoro di Atene sul mito di Prometeo che  dopo aver plasmato gli uomini donò loro il fuoco nascosto in un fusto di ferula, all’insaputa di Zeus, che quando però lo scoprì lo punì pesantemente. Il cattolicesimo ha sostituito Prometeo con Sant'Antonio Abate che ottenuto il permesso dai demoni di poter accedere all'inferno per riscaldarsi, col suo bastone di Ferula frugò tra i tizzoni fino ad accendere lo stesso bastone. Risalendo sulla terra il Santo donò il fuoco all'umanità.



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